
Ha cercato di sopportare sofferenze immani, ha chinato il capo davanti alle ingiustizie, ha sorretto pensieri talvolta pesanti, mai avrebbe ceduto....mai...quando anche la parola gli è stata tolta, la testa non ha piu' sorretto....
Gli antichi costruirono Valdrada sulle rive d’un lago con case tutte verande una sopra l’altra e vie alte che affacciano sull’acqua i parapetti a balaustra. Così il viaggiatore vede arrivando due città: una diritta sopra il lago e una riflessa capovolta. Non esiste o avviene cosa nell’una Valdrada che l’altra Valdrada non ripeta, perché la città fu costruita in modo che ogni suo punto fosse riflesso dal suo specchio, e la Valdrada giù nell’acqua contiene non solo tutte le scanalature e gli sbalzi delle facciate che s’elevano sopra il lago ma anche l’interno delle stanze con i soffitti e i pavimenti, la prospettiva dei corridoi, gli specchi degli armadi. Gli abitanti di Valdrada sanno che tutti i loro atti sono insieme quell’atto e la sua immagine speculare, cui appartiene la speciale dignità delle immagini, e questa loro coscienza vieta di abbandonarsi per un solo istante al caso e all’oblio. Anche quando gli amanti danno volta ai corpi nudi pelle contro pelle cercando come mettersi per prendere l’uno dall’altro più piacere, anche quando gli assassini spingono il coltello nelle vene nere del collo e più sangue grumoso trabocca più affondano la lama che scivola tra i tendini, non è tanto il loro accoppiarsi o trucidarsi che importa quanto l’accoppiarsi o trucidarsi delle loro immagini limpide e fredde nello specchio. Lo specchio ora accresce il valore delle cose, ora lo nega. Non tutto quel che sembra valere sopra lo specchio resiste se specchiato. Le due città gemelle non sono uguali, perché nulla di ciò che esiste o avviene a Valdrada è simmetrico: a ogni viso e gesto rispondono dallo specchio un viso o gesto inverso punto per punto. Le due Valdrade vivono l’una per l’altra, guardandosi negli occhi di continuo, ma non si amano.
“Il existe dans les villes une architecture visible porteuse d'une mémoire "plastique" et identifiable en tant que telle, marquée par le temps, les guerres, les changements. Ce sont toutes les infrastructures qui la caractérisent. Il existe aussi dans les villes une architecture invisible, masquée par les parcours individuels des hommes qui l'ont traversée. À une mémoire collective se mêlent des souvenirs personnels qui la modifient. Car les hommes qui vivent dans les villes sont porteurs de l'une et l'autre mémoire. En somme, ils inscrivent à travers leur parcours quotidien des signes invisibles qui finissent par modifier physiquement l'architecture de la ville elle-même. C'est par le regard qu'ils posent sur elle que la ville peu à peu se transforme et se construit”.
Les villes invisibles, ITALO CALVINO, 1972
“The notion that someday nature could swallow whole something so colossal and concrete as a modern city doesn’t slide easily into out our imaginations. The sheer titanic presence of a New York City resists efforts to picture it wasting away. The events of September 2001 showed only what human beings with explosive hardware can do, not crude processes like erosion or rot. The breathtaking swift collapse of the World Trade Center towers suggested more to us about their attackers than about mortal vulnerabilities that could doom our entire infrastructure. And even that once-inconceivable calamity was confined to just few buildings. Nevertheless, the time it would take nature to rid itself of what urbanity has wrought may less than we might suspect”.
The world without us, ALAN WEISMAN, 2007
“Me miras, de cerca me miras, cada vez más de cerca y entonces jugamos al cíclope, nos miramos cada vez más de cerca y nuestros ojos se agrandan, se acercan entre sí, se superponen y los cíclopes se miran, respirando confundidos, las bocas se encuentran y luchan tibiamente, mordiéndose con los labios, apoyando apenas la lengua en los dientes, jugando en sus recintos donde un aire pesado va y viene con un perfume viejo y un silencio. Entonces mis manos buscan hundirse en tu pelo, acariciar lentamente la profundidad de tu pelo mientras nos besamos como si tuviéramos la boca llena de flores o de peces, de movimientos vivos, de fragancia oscura. Y si nos mordemos el dolor es dulce, y si nos ahogamos en un breve y terrible absorber simultáneo del aliento, esa instantánea muerte es bella. Y hay una sola saliva y un solo sabor a fruta madura, y yo te siento temblar contra mi como una luna en el agua. ”
“Ainsi le petit prince, malgré la bonne volonté de son amour, avait vite douté d'elle. Il avait pris au sérieux des mots sans importance, et était devenu très malheureux. «J'aurais dû ne pas l'écouter, me confia-t-il un jour, il ne faut jamais écouter les fleurs. Il faut les regarder et les respirer. La mienne embaumait ma planète, mais je ne savais pas m'en réjouir. Cette histoire de griffes, qui m'avait tellement agacé, eût dû m'attendrir... » Il me confia encore: